Vent’anni dopo, o quasi. Vittorio Cecchi Gori torna allo Stadio Artemio Franchi per un docufilm (diretto da Marco Spagnoli e Simone Isola e prodotto da Giuseppe Lepore) sulla sua vita di cui si potrà dir tutto tranne che sia stata banale. Torna all’arena contemporanea dei giocatori moderni gladiatori dove lui rivestiva i panni del condottiero, dell’imperatore, del sovrano si presume illuminato ma lo sconfessò la storia. Dai fasti al fallimento, in breve. Là dove lui si issava sulla balaustra a festeggiare le reti di Batigol, di lui somma scoperta, sotto gli occhi di rimprovero del padre Mario, adesso non c’è più nessuno.

Se una volta il tifoso aspettava la cosiddetta “ciliegina” del mercato, sfizio di Vittorio per abbellire la squadra con un ultimo acquisto, ora si mostrano i conti in ordine come vanto aziendale affinché l’irreparabile non avvenga più. Solo che il calcio non è un’azienda come le altre e i tifosi non sono clienti. Ecco così che se da un lato le competenze manageriali dei Della Valle furono subito accolte con favore dal popolo viola dopo il dissesto finanziario che aveva coinvolto l’amata Fiorentina, dall’altro la freddezza dell’uomo di affari mal si addice a chi ha a cuore un pallone, a chi paga il biglietto per vedere correre i propri undici ‘eroi’ sul terreno verde di gioco.

Così il paradosso, impensabile assolutamente diciassette anni fa, quando i fratelli marchigiani presero possesso della squadra di calcio di Firenze, è che molti di coloro che vanno allo stadio Franchi con le bandiere e gli striscioni, le sciarpe e le magliette del medesimo colore, adesso rimpiangano quei tempi. Ma come si fa a rivolere nuovamente una sovraesposizione di quel tipo, di un uomo che volle farsi più grande di se stesso?

Una recita che non dovrebbe garbare ai fiorentini e infatti allora, a quei tempi, in tanti, la parte più autentica diffidava di quelle esagerazioni, forse già vi intravedeva l’amarissimo epilogo. E però c’era Edmundo. E però c’era Rui Costa. E lui, Batigol. Adesso c’è Federico Chiesa. E quando Vittorio – per tutti, sempre e solo Vittorio – dice che per il giovin Chiesa sarebbe pronto a salire sulla balaustra allora sì, viene un moto d’animo pure a chi non ha mai amato il rampollo Cecchi Gori, neppure nei momenti in cui tutti salivano sul suo carro, perché ci vede una passione ormai lontana ma sempre lì, viva. E il dubbio se la sicurezza economica abbia sempre e comunque vinto lascia spazio a chi agisce con l’insana follia del sentimento. Perché “oltre al portafoglio”, dice appunto Vittorio, “ci vuole il cuore”.

Foto tratta da “Lettera 43”.