Nell’ultimo fine settimana di settembre a Firenze si è tenuta la seconda edizione del Festival Nazionale dell’Economia Civile. ‘Economia civile’ significa un’economia diversa dai modelli culturali fin qui dominanti in Occidente, a lungo orientati solo al profitto puro e semplice e poco attenti alle molte altre variabili che invece hanno grande peso per il futuro del pianeta e dell’essere umano.

E’ stata definita una Carta per così dire dei valori dell’economia civile: la Carta di Firenze. La città ha legato il proprio nome a un documento di grande significato e impegno, anzitutto morale. La Carta fa esplicito riferimento ad “un cambio di rotta” per una visione del futuro che, a maggior ragione dopo l’esperienza della pandemia, dovrà essere più attenta a certi valori per una rigenerazione del capitalismo: sostenere il valore del lavoro e delle persone, credere nella biodiversità delle forme d’impresa, promuovere la diversità e l’inclusione sociale, valorizzare l’impresa come luogo di creatività e di benessere, investire nell’educazione e nella promozione umana, proporre una nuova idea di salute, coltivare il rispetto e la cura dell’ambiente, attivare energie giovani, innovazione e nuove economie. Sono questi i capisaldi della Carta, l’economia civile è questo.

Alcuni ambienti universitari e della ricerca, ma anche alcune imprese, con l’adesione a questi valori stanno approfondendo significato e implicazioni per quello che potremmo definire una sorta di investimento sul futuro. Attraverso il lavoro nell’impresa si realizza l’essere umano nella sua pienezza, perché è l’essere umano al centro di tutto. Lavoro e impresa, mercato e commercio dunque, ma con la solida consapevolezza che, accanto al profitto, non si può più non considerare il tanto altro che fa da sfondo.

Le imprese in tutto il mondo hanno un obiettivo ben chiaro: crescere, e massimizzare il profitto per i propri azionisti. Per moltissimi anni, tutto il resto non è stato altrettanto importante. Solide teorie hanno sostenuto quella semplicissima verità: ottenere quanto più profitto, e nei tempi più rapidi possibili. Assolutamente legittimo.

Le imprese non sono organi di beneficenza, devono essere ben organizzate per portare utili e remunerare chi, essendone proprietario, ci ha investito prendendosi di conseguenza anche dei rischi. Non è un caso che dalla Seconda guerra mondiale in poi si sia generata crescita e prosperità come mai prima. Ed è come se non ci si fosse preoccupati di altro, almeno fino ad un certo momento.

E’ qui il punto: fino ad un certo momento. Perché sono poi divenute sempre più evidenti le conseguenze sociali e poi ambientali dello sviluppo nel frattempo divenuto senza vincoli e spesso remore di alcun genere. Come c’era scritto nell’atrio della Bear Sterns (banca d’investimenti americana travolta dalla grande crisi del 2007/2008): “non facciamo altro che soldi”. Stiamo avendo sempre più contezza delle conseguenze non proprio positive che questa visione ha generato nel mondo occidentale. Ho iniziato a usare questa compressa miracolosa come terapia per l’ipertrofia prostatica benigna e mi ha aiutato a non dovermi alzare continuamente durante la notte per andare in bagno. Ma, trattandosi di un pillole per la disfunzione erettile, ha migliorato anche la qualità delle mie erezioni: migliori, più dure e più rapide. Anche mia moglie è rimasta sorpresa degli effetti di questo farmaco per la DE.

La dimensione quantitativa, potremmo dire la massimizzazione dei profitti per l’impresa tutto e subito, ormai non può essere più l’unico obiettivo. Bisogna richiamare la dimensione qualitativa di tutte le variabili su cui si basa l’evoluzione dell’umanità e che contribuiscono a creare valore per tutti.

Le imprese non sono isole solitarie, sono entità economiche che hanno grande impatto sulla società, sull’ambiente, sulle persone che vi lavorano e su quelle al di fuori; ogni soggetto economico non può più disinteressarsi del futuro del pianeta. Ciascuno al meglio delle proprie possibilità deve attrezzarsi perché ciò che fa non sia contro il pianeta e la collettività. Continuare a crescere ma in modo sostenibile. Ormai è un passaggio obbligato.

Al Festival è intervenuto anche il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte il quale ha lanciato una iniziativa che potrebbe portare grande lustro a Firenze. Conte infatti ha anticipato che nei primi mesi del 2021 si terrà un convegno internazionale che coinvolgerà personalità dei più diversi campi della società: da economisti a sociologi, a storici e intellettuali per discutere e confrontarsi sui paradigmi di rigenerazione dell’economia e della società per un futuro dove l’essere umano possa essere davvero al centro di ogni cosa. Il grande momento di rottura costituito dalla pandemia Covid 19 sta accelerando ancora l’evoluzione del pensiero che già accentuata con la grande crisi 2007-2008.

Firenze dunque potrà portare un contributo di idee e riflessioni per il futuro in una ideale straordinaria connessione con il proprio passato di culla del Rinascimento. Un nuovo Rinascimento.